06.10.2024

Il caso dello stupro di Masan, i sintomi di una società malata di maschilismo

Dal 2 settembre 2024 si è aperto ad Avignone il processo per gli stupri di Masan (Mazan), città provenzale che ha uno dei casi di stupro più sordidi. L’imputato, Domenge Pelicòt (Dominique Pélicot), un sessantenne di Masan, ha invitato degli sconosciuti su Internet a venire a violentare la moglie priva di sensi sotto l’effetto di Temesta, un potente ansiolitico. I video degli stupri sono stati trovati dalla polizia durante la perquisizione della sua abitazione. Stiamo parlando di 200 stupri di gruppo commessi per sottomissione chimica.

Ricordiamo che la somministrazione di sostanze chimiche è definita come la somministrazione di sostanze psicoattive per scopi criminali (stupro) o reato minore (violenza, furto) all’insaputa della vittima o sotto minaccia.

Il caso è insolito per il suo livello di orrore, il profilo dell’imputato — presentato come un buon marito e padre — e il numero di persone che vi hanno partecipato: sono stati contati 83 stupratori e ne sono stati identificati 51.

Inoltre, gli imputati formano un panel rappresentativo della società: hanno un’età compresa tra i 26 e i 73 anni, provengono dalle più diverse categorie socioprofessionali (emarginati, disoccupati, pensionati, operai, dirigenti d’azienda, dipendenti pubblici, ecc.) e non presentano particolari patologie psicologiche. Alcuni sono già stati condannati per violenza domestica o stupro. Inoltre, alcuni erano in possesso di grandi quantità di immagini di abusi sessuali su minori.

Questo caso solleva interrogativi sullo stato della salute mentale nella nostra società e sull’entità del crimine. Ci rende consapevoli che l’uso della «droga dello stupro» non è una pratica limitata alle discoteche, ma che esiste anche nel contesto coniugale.

Come al solito, l’estrema destra non ha mancato di impantanarsi nell’abominio, cercando di recuperare la vicenda e distorcere il suo discorso. Gli estremisti di destra diffondono la menzogna secondo cui le femministe tacciono sul caso perché l’accusato è un «attivista antirazzista» che «ha offerto sua moglie a uomini razzializzati per punirla per il suo razzismo». In realtà, le femministe sono state le prime a denunciare questi crimini e la vittima non è razzista.

L’estrema destra sta ovviamente cercando di distogliere l’attenzione per nascondere il seguente fatto: l’essenza della questione è l’oggettificazione dei corpi di altre persone e la normalizzazione della coercizione sessuale nella coppia. Si rifiutano di parlare di sottomissione chimica e stupro coniugale perché vedono la relazione come un «contratto» in cui l’uomo porta i soldi a favore di favori sessuali incondizionati. Alcuni, inoltre, sostengono che lo stupro coniugale sia «l’intenzione usata da donne disoneste per evitare di adempiere al loro dovere intimo verso i loro mariti». Non capiamo come facciano a non vergognarsi di quello che dicono.

Il caso non è una notizia ma un problema sistemico: dimostra che la nostra società è profondamente malata di maschilismo, è intrisa di una cultura dello stupro che considera che gli uomini hanno il diritto di appropriarsi del corpo delle donne. Gli imputati hanno chiaramente disdegnato il consenso della vittima: hanno ritenuto di non averla violentata perché il marito era d’accordo. Questo argomento contorto rivela una totale negazione della vittima. Così si porta al suo parossismo il desiderio di dominio maschile e la volontà di possesso da parte del marito, percepito come detentore del consenso della donna.

La visione maschilista banalizza la misoginia, perpetua la cultura dello stupro e incoraggia i crimini sessuali. Si manifesta anche in molti tipi di pornografia che promuovono l’odio per le donne. Sono troppi gli influencer che difendono impunemente questa visione su Internet, e quelli, infatti, hanno le mani sporche di sangue.

Tuttavia, questo caso potrebbe aumentare la consapevolezza ed essere il preludio per incoraggiare i cambiamenti sociali. Speriamo che l’attuale processo faccia luce sui danni del maschilismo e che serva da elettroshock per porre fine in modo duraturo alla dominazione maschile nelle relazioni eterosessuali.

Chiarirà anche che gli stupratori non hanno una particolare nazionalità o colore della pelle e che non sono necessariamente psicopatici. In questo caso, erano uomini semplici, radicati in un tessuto sociale, pieni di misoginia banalizzata, pieni di solidarietà patriarcale e pieni di mascolinità ordinaria.

Anche gli stupratori non sono tutte persone emarginate che attaccano le donne a caso, di notte, per strada. Come promemoria:

  • Il 90% degli stupratori sono parenti della vittima.
  • Il 43% degli stupri sono commessi dai coniugi.
  • Il 94% delle denunce di stupro viene archiviato per mancanza di prove.
  • Il 99% degli stupratori non viene condannato alla fine del processo.

L’Assemblada Occitana saluta la posizione coraggiosa della vittima, Gisèla Pelicòt (Gisèle Pélicot), che ha rifiutato il processo a porte chiuse, perché vuole denunciare pubblicamente i crimini che ha subito e vuole che la vergogna sia dalla parte dei criminali. Abbiamo anche sostenuto le manifestazioni che si sono svolte in tutta l’Occitania sabato 14 settembre, così come il messaggio che portavano: «Il minuto di silenzio è finito, ora dobbiamo gridare!»

Vogliamo che smettiamo di descrivere i femminicidi come «crimini passionali» e lo stupro come «desiderio sessuale». Si uccide e si stupra, non per amore o desiderio, ma per dominio e desiderio di possedere.

Vogliamo anche che il sistema giudiziario ridefinisca correttamente lo stupro e il consenso: che non spetti più alla donna dimostrare di non aver acconsentito, ma che spetti all’uomo dimostrare che la donna era consenziente.

Fotografia: Jaluj